Capitolo
L’importanza di Essere Cittadini
Quante
volte ci siamo chiesti: “Quanto vale il mio voto?”, “Quanto valgo io
nell’apparato statale?” e quante volte abbiamo cercato di dare una
soluzione prematura, come la fatidica frase: “Tanto non cambia niente!”.
Noi, Clan “Il Faro” del gruppo scout Catania 5, abbiamo trattato il
sopraccitato argomento per cercare una risposta a queste domande e,
quindi, per assumerci un maggior carico di responsabilità al riguardo.
Abbiamo intrapreso questo percorso con una conoscenza esigua della
nostra Carta Costituzionale, se non nulla. L’iter è stato impostato
sulla base di 4 Principi Fondamentali, ritenuti da noi funzionali al
raggiungimento del suddetto scopo: artt. 1, 3, 4, 9 Cost. Abbiamo
altresì ospitato nella nostra sede tre persone che ci hanno aiutati in
questo interessante quanto misterioso capitolo. Il primo ospite è stato
un sindacalista, A. A., il quale, dopo una disamina di matrice storica
riguardo la genesi della Costituzione, ci ha parlato dell’art.1 in tutti
i suoi aspetti.
Art.1
“L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità
appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della
Costituzione.” Il suo intervento è stato importante non solo per la
nostra preparazione in merito a conoscenze giuridico - sociali, ma anche
per averci indirettamente offerto un ulteriore, ma fondamentale, stimolo
per un miglior proseguimento del percorso. Ci ha insegnato che il primo
articolo contiene due principi oltremodo importanti: il principio
democratico, che riconosce l’eguale diritto dei cittadini di prendere
parte alla vita politica, economica e sociale del Paese; e il principio
lavorista, in quanto il lavoro rappresenta il fondamento della Nazione e
della dignità dell’uomo. Successivamente abbiamo invitato ad una delle
nostre riunioni un membro di Officine Culturali, F. M., con il quale
abbiamo confrontato le nostre opinioni circa l’art. 9.
Art. 9
“La
Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e
tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della
Nazione.” Questo articolo promuove lo sviluppo della cultura e della
ricerca e tutela i beni culturali ed il paesaggio; quest’ultimo
profondamente modificato dall’opera non sempre positiva dell’uomo che ha
adattato l’ambiente alle proprie esigenze, operando su di esso una serie
d’interventi che nell’ultimo secolo hanno compromesso radicalmente la
capacità rigenerativa dell’intero pianeta. Abbiamo capito che “il nostro
ruolo è prendere, capire e conservare il patrimonio culturale per non
interrompere la catena delle responsabilità e, quindi, per far parte di
una comunità consapevole”. Dal dibattito è emerso il fatto che persiste
nel tempo un fenomeno di povertà educativa, legata alla povertà
assoluta. Chiedendo inoltre se ci fosse una cultura da salvaguardare con
maggiore attenzione rispetto ad un’altra, ci siamo resi conto che non
esiste una differenza, ma anzitutto uno spirito critico: qualunque
prodotto artistico è cultura a prescindere dalle varie ideologie.
Abbiamo organizzato il terzo incontro invitando un avvocato, M.V., il
quale ci ha parlato dell’art. 4, facendo riferimenti trasversali all’art.3.
Art. 4
“La
Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove
le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il
dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta,
un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o
spirituale della società.” Il principio lavorista, affermato
solennemente all’art.1, viene ribadito più specificatamente in questa
disposizione, la quale riconosce a tutti i cittadini il diritto al
lavoro e sancisce l’obbligo della Repubblica a creare le condizioni per
renderlo effettivo. Tuttavia non dobbiamo intenderlo come una pretesa ad
ottenere dallo Stato un posto di lavoro, ma come divieto per lo Stato
stesso di prevedere norme che limitino la libertà di esercitare
qualsiasi attività lavorativa libera e lecita. Il diritto al lavoro,
però, corrisponde anche al “dovere” di lavorare che non significa
costringere il cittadino a lavorare, né limitare la libertà di scegliere
l’attività da svolgere, ma rappresenta un mirato monito per noi
cittadini a non ricorrere a forme di parassitismo economico e sociale.
Tuttavia abbiamo posto maggiore attenzione al secondo comma, con
particolare riguardo alle espressioni: “progresso materiale” e
“progresso spirituale”. Su quest’ultima abbiamo ampiamente disquisito
arrivando ad intenderla non come una forza che nasce solo da motivi
religiosi, ma anche da una responsabilità individuale dipendente dalle
proprie possibilità e competenze. Con l’obiettivo di capire cosa la
gente pensa o sa a proposito della Costituzione, il nostro Noviziato ha
fatto un’inchiesta con otto domande e quattro possibilità di risposta. I
risultati parlano da sé: una buona parte della gente incontrata non
conosce la Costituzione (24,5%), non contribuisce nè al progresso
materiale (47,25%), né a quello spirituale (42,25%). Inoltre ritiene che
la sovranità non appartenga al popolo (64%). Il nostro scopo è adesso il
conseguimento non solo di una posizione o di una prospettiva per ognuno
di noi, ma anche il potere fare qualcosa per gli altri, consapevoli che,
una volta presa una posizione, ci troveremo su un gradino superiore
nella scala verso la Felicità. Abbiamo voglia di metterci in gioco
servendo come cittadini il nostro Paese; essere, cioè, individui su cui
tutti possono contare, cittadini che contribuiscono al progresso
spirituale del Paese, mattoni robusti nel palazzo comune. Riconosciamo
la difficoltà di trovare una soluzione unitaria (che può rientrare nelle
nostre competenze e capacità) ai problemi dello Stato, ma vogliamo
“buttarci dentro” questo mondo che è il nostro, consci del fatto che
siamo parte di una catena di responsabilità e che noi stessi dobbiamo
fare attenzione a non spezzarla.
È l’Inghilterra un giardino, e non si
fanno tali giardini cantando: «Oh, quanto è bello!» e sedendosi
all’ombra, mentre persone migliori iniziano le loro vite operative
strappando erbacce con coltelli da cucina un po’ sdentati.
Rudyard Kipling, La gloria del giardino
Poesie, Newton-Compton, 1996